C’è un qualcosa di familiare nei rumori e nei volti che si affacciano sulla scena dell’Elettra.
La familiarità che si percepisce nell’Elettra di Magarìa, probabilmente, proviene
dall’atmosfera generale nella quale sono immersi i personaggi: questa nostra storia, infatti,
si focalizza sulla famiglia e sui nodi dai quali tutti gli uomini sono attraversati dentro e fuori,
avvolti in un ‘bozzolo’ dentro cui ogni cosa accade e niente sembrerebbe accaduto, un
luogo dove spesso si tessono instancabilmente e, perché no, inconsciamente, trame simili a
ragnatele che, a poco a poco, inglobano la realtà fino a nasconderla, a negarla, ad oscurarla.
La realizzazione è frutto di un lungo lavoro di studio sul personaggio di Elettra (da Eschilo
alla Yourcenar e soprattutto O’Neill), sebbene il ‘taglio’ di Magaria preveda un finale molto
diverso da quello della tradizione.
Ad una prima edizione più rivolta alla tradizione classica, Magaria oggi propone una lettura
da ‘teatro da camera’, dove convivono cabaret, tragedia, umorismo e danza. L’obiettivo
eclettico cerca di emergere con il contributo di una compagnia costituita da giovani attori
che da molti anni, fin dall’adolescenza, si muovono all’interno di un’elaborazione
laboratoriale per larghi tratti di tipo sperimentale.
Chi rimane alla fine di tante battaglie? Chi riuscirà a costruire una nuova realtà? Il mistero ci
avvolge, anche perché, come è noto, la struttura della tragedia greca possiede un chiaro
procedimento dark, non estraneo anche a quello che noi contemporanei denominiamo
thriller.